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sabato 15 giugno 2013

Questo non è un post e io non sto scrivendo.






Ma che titoli metto?
La verità è che davanti a me c'è l'immagine del Joker di "Il cavaliere oscuro" e volevo parlarvi di quanto io mi fumenti una volta finito un film dal significato assai profondo.
Il problema è che (vedi post delle 9.26) ancora non mi sono del tutto svegliato e quindi non credo sia una buona idea.
Studio Psicologia all'università ma tutto mi sento, tranne che un possibile psicologo. Io mi vedo più come paziente se devo esser sincero; il punto è che c'è un detto che recita "Lo psicologo è il primo dei pazienti".
Mi sto confondendo anche da solo a scriverlo...
Altra cosa che ho studiato, è che i "Diari segreti" sono il più grande controsenso che sia mai stato inventato da qualcuno.
Prendere un'agenda, un diario di scuola, un semplicissimo notebook o un qualunque altro libro dalle pagine bianche, e riempirlo coi nostri pensieri, racconti, commenti e via dicendo. Giorno dopo giorno quel porta-pensieri si riempie con la nostra vita, il nostro essere conoscendoci meglio di chiunque altro.
Gli racconto le mie più grandi paure, esterno le mie più profonde e proibite rabbie, narro i miei più assurdi sogni e progetti. Non ha importanza se lo impregno di errori ortografici come Quore o Cuadro. Tanto lui non mi giudica, non commenta, non mi da ipocriti consigli utili solo a farmi capire quanto io sia stato lontano dal fare la scelta giusta. Il mio amico diario, non mi pugnalerà alle spalle, non mi farà star male e non racconterà mai a nessuno cosa contiene.
Lui c'è e ci sarà sempre.
E' per questo che non ha età. Non è affatto vero che solo i bambini ne tengono uno. Non è affatto vero che è una cosa stupida o infantile. E' un secondo psicologo, è un amico e un alleato.
Ma, tornando al concetto iniziale, è anche un controsenso.
Il diario contiene per lo più le cose che non riusciamo a dire ai diretti interessati, le cose che non riusciamo o vogliamo esternare, bloccati solo ed esclusivamente dalla paura.
Sarebbe bello dire alla professoressa che è stata una infame a mettermi quel quattro, dato che il pomeriggio perso dietro ai libri non me lo ridarà nessuno!
Sarebbe bello dire a quel ragazzo di star lontano da quella ragazza, visto che ho una cotta per lei dalla prima media!
Sarebbe bello dire a mio padre di ridarmi il cellulare che mi ha preso per punirmi, dato che non capisce che è ormai l'unico mezzo di comunicazione col resto del mondo!
Sarebbero belle tante cose, ma la professoressa potrebbe togliermi il quattro e mettermi tre, quel ragazzo potrebbe picchiarmi e mio padre potrebbe rispondermi con un beato "affari tuoi, potevi pensarci prima" che riecheggerebbe nella mia testa per almeno 48 maledettissime ore.
Meglio scriverlo nel diario. Meglio evitare ogni rischio.
All'università ho studiato che inconsciamente, chi tende a mettere i propri pensieri su carta, lo fa perché spera che qualcuno li legga. Assurdo? No, sensato.
Se mio padre leggesse ciò che penso, magari riuscirebbe a capire meglio il mio bisogno così da restituirmi il cellulare senza farmi pesare una predica sul senso della vita.
Se la mia professoressa sapesse che realmente ho studiato, potrebbe darmi un'altra possibilità cancellando quel quattro tanto immeritato.
Potrei andar avanti all'infinito. Il succo è che dire le cose è difficile delle volte, scriverle e lasciare che chi di dovere le veda "casualmente", è maledettamente più facile.
Tutti noi abbiamo bisogno di aprirci qualche volta, tutti noi abbiamo bisogno di qualcuno che senza giudicare, ci stringa in un abbraccio complice e amorevole. Tutti noi sappiamo che di sola solitudine non si può vivere serenamente.
Se scriviamo è per esternare, se esterniamo è perché non vogliamo tenerlo dentro. Se non vogliamo tenerlo dentro, vuol dire che è importante. Se è importante, non può esser frainteso.
Siamo matti, arrendetevi.

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